Investire in Thailandia

Quando si deve fare un investimento molti imprenditori che muovono capitali elevati scelgono di trasferirsi e andare a lavorare all’estero.

Nel nostro articolo andremo a trattare di cosa si debba fare per investire in Thailandia, vedendo da vicino tutto sugli aspetti legali e i passaggi da seguire per essere operativi.

Perché investire in Thailandia: conviene?

Quando si deve scegliere un Paese estero nel quale andare ad investire, la prima cosa da comprendere è perché si debba fare un investimento in quel determinato Paese.

Dunque, poniamoci la domanda: perché investire in Thailandia? La risposta è molto semplice, lo stato thailandese è quello le cui città sono le più visitate da turisti di tutto il mondo. Per cui, investire in una ditta di questo settore è certamente un affare notevole.

Per comprendere la potenzialità della Thailandia, osserviamo alcuni dati che riguardano il flusso turistico degli ultimi anni.

Bangkok, una delle città più rappresentative dello stato, nel 2016 ha visto passare sul suo suolo 24 milioni di turisti. Grazie a questo flusso si è garantita il primato come città più visitata al mondo.

Se si considera tutta la Thailandia, nel 2016 il flusso ha superato i 34 milioni di turisti. Questi dati ci dicono che investire nel settore turistico è una scelta importante.

Dove investire in Thailandia

Una volta che si è deciso di fare il passo, e quindi trasferirsi in Thailandia e investire in questo Paese, si deve decidere in quale settore fare l’investimento.

Vediamo i principali settori in cui può essere una scelta ottimale:

Costruzioni

Il settore delle costruzioni in Thailandia è sempre in grande espansione, grazie anche agli interventi governativi di potenziamento alle zone turistiche del Paese.

In particolare, gli ingenti interventi dello Stato sono stati dirottati sullo sviluppo della rete dei trasporti, con principale preferenza alle ferrovie e alle metropolitane.

Molte delle infrastrutture che sono state potenziate fanno parte di una regione molto conosciuta, ovvero la Eastern Economic Corridor, la zona industriale che all’interno comprende tre delle province orientali del Paese.

Settore delle auto

In Thailandia sono molto richieste le auto ad uso familiare, con preferenza verso le auto giapponesi e coreane. Negli ultimi anni uno dei settori in rapida espansione è quello delle auto di lusso, quindi questo rappresenta una scelta oculata e ottimale per chi voglia investire in questo Paese.

Turismo

Come già detto in precedenza, il flusso dei turisti verso la Thailandia è talmente elevato da rappresentare il primo assoluto tipo di investimento da fare in questo Paese.

Aprire una società in Thailandia

Prima di passare alle specifiche fasi da seguire per aprire una società in Thailandia, è bene conoscere alcune importanti informazioni.

La prima è che i turisti non sono autorizzati a lavorare in Thailandia, dunque, se questo è il desiderio che abbiamo è necessario ottenere un visto specifico, che è quello “visto non immigrato B”. Tale documento viene rilasciato a coloro che garantiscono di impegnarsi a livello di affari con lo stato thailandese, e questo chiaramente prevederà anche degli obblighi specifici.

Infatti, oltre a questo documento, sarà necessario possedere anche il permesso di lavoro, il quale determina la natura dell’occupazione (ovvero che a fare questa scelta è uno straniero), la durata del rapporto di lavoro e informazioni specifiche legate alla persona, ovvero per chi lavora al momento, in che termini e in quale luogo.

Settori vietati agli stranieri in Thailandia

È bene sapere anche che, per difendere la manodopera locale (per impedire che si vadano ad occupare posizioni che devono essere garantite a chi è autoctono), ci sono delle tipologie di attività che gli stranieri non possono aprire.

Ecco quali sono i settori vietati agli stranieri:

  • Service Business: si intende tutto quello che concerne la contabilità, attività professionali, e tutto quello che è all’interno del settore finanziario.
  • Impresa commerciale.
  • Industrial & Handcraft: nello specifico tutto quello che riguarda la produzione e la lavorazione delle materie prime, quindi anche ad esempio la macinatura del riso, la produzione di farina e zucchero e così via. Inoltre, anche la produzione di tutto quello che non è alimentare, come maglie, scarpe e così via.
  • Commerciale: in questo settore si intende la vendita di alimenti, bevande, e quello che riguarda le belle arti e le mostre.
  • Industria dei servizi: qui è compreso tutto ciò che concerne il settore della ristorazione, degli Hotel, delle agenzie di viaggio ma non solo, anche fotografia e servizio di lavanderia.
  • Servizi di utilità: fanno parte di questo settore luce, acqua, gas e trasporti.

Essendo che tutte le principali tipologie di attività sono precluse agli stranieri e quelle poche che si potrebbero scovare sono in settori non funzionanti in Thailandia, ci si deve dimenticare di aprire una società in proprio.

La strada che si ha a disposizione è quella di avviare una società insieme ad un socio del luogo, che deve però essere detentore del 51 percento delle azioni.

Tipologie di società che si possono aprire in Thailandia

Entriamo ora in un sfera più specifica del nostro articolo, ovvero quali sono le possibili tipologie di società che si possono aprire in Thailandia:

Partnership

questa tipologia di società può essere unregistered, registered o limited. Vediamole nel dettaglio:

  1. Partnership unregistered: si tratta di una società che come dice il nome è non registrata, e in questo caso sia chi la apre, che i suoi soci, sono interamente responsabili dei debiti contratti. C’è da considerare però un aspetto importante, ovvero che in questo tipo di società vengono considerati allo stesso livello affari aziendali e affari personali.
  2. Partnership registered: una società registrata è invece quella forma che prevede la scissione tra affari personali e affari aziendali. Rimane però il fatto che sia il responsabile, che i suoi soci, sono responsabili dell’intero debito contratto.
  3. Limited: versione simile alla nostra SRL, dove la responsabilità fiscale e di debito si limita all’importo del capitale investito.

Company

questo tipo di società si può aprire sia public che limited. In pratica, si tratta di una suddivisione che nella nostra lingua possiamo definire pubblica o privata. Sono quelle aziende che richiedono un investimento cospicuo, in quanto nel caso delle Company Public si devono pagare 1000 baht ogni milione di baht investiti. Nel caso della Company Limited invece, si dovranno pagare 50 baht per milione di baht investiti.

Joint Venture

Si tratta come sappiamo di accordi fra aziende, le quali possono anche essere di diverse nazionalità, al fine realizzare un progetto. Tutto questo in tempi prefissati che devono essere limitati nel tempo, e con la condivisione delle informazioni e degli aspetti economici legati ai rischi e agli utili.

Iter da seguire per aprire una società in Thailandia

Passiamo adesso all’iter burocratico necessario per aprire una società in Thailandia:

Prenotare la ragione sociale

Il primo passo sa compiere è quello di prenotare la ragione sociale.

Le regole sono che il nome deve essere riservato, non uguale ad altri già presenti, e chiaramente non rappresentare qualcosa di offensivo o spregiativo di qualsivoglia genere.

Essendo che ci sono delle tipologie di nomi che non sono ammessi dalla legge, onde evitare problemi è necessario leggere le linee guida del Dipartimento di registrazione commerciale del Ministero del Commercio.

Redazione del Memorandum of Association

Il secondo passo è quella della redazione del Memorandum of Association, che deve essere depositato presso il Dipartimento di Registrazione Commerciale. Si tratta nello specifico di un atto costitutivo al cui interno deve essere riportato il nome della società che è stato ufficialmente approvato, la provincia in cui si trova l’azienda e quali sono gli obiettivi di business che ci siamo prefissati.

Inoltre, dovrà essere indicato anche il capitale da registrare ed i nomi dei sette promotori.

Quando si indica il valore del capitale, si deve anche specificare quale sia il numero delle azioni e il loro valore nominale.

Capitale da investire

Per quanto riguarda l’importo del capitale da investire nella società non esiste un limite minimo, ma è risaputo che deve comunque consistere in una cifra abbastanza rispettabile e adeguata agli obiettivi di business che abbiamo indicato all’interno dell’atto costitutivo.

Per quanto riguarda le quote societarie invece, ci sono delle indicazioni precise.

La quota di iscrizione è di 50 baht ogni 100.000 baht di capitale sociale.

È prevista una tariffa minima che consiste in 500 baht, e una massima che consiste in 25.000 baht.

Registrazione della Costituzione della Società

Registrazione della Costituzione della Società: il passo successivo è quello di far sottoscrivere le azioni a soci e promotori, che in seguito alla costituzione e registrazione del memorandum di cui sopra devono essere già possessori di almeno una parte delle quote azionarie.

Tenete presente che almeno il 25 percento del valore di ogni azione deve essere versato, perché così stabilisce la legge thailandese.

Investire in Thailandia: aspetti fiscali

Abbiamo visto molto di cosa significhi investire in Thailandia, ma a questo punto è arrivato il momento di vedere come funziona la tassazione per le aziende in questo Paese.

Possiamo dire che sia un luogo dove investire è davvero un affare, infatti, consideriamo che se la propria attività non genera più di 400.000 baht annuali, che corrispondono all’incirca a 11000 euro, non si deve pagare nulla di tasse.

Per importi che invece superano questa soglia l’aliquota fiscale è del 20 percento.

In Conclusione: Conviene Investire in Thailandia nel 2020?

Per concludere, possiamo dire che investire in Thailandia può essere redditizio e nemmeno difficile dal punto di vista della burocrazia, ma molto limitante in quanto a libertà di impresa. Ci sono infatti molte limitazioni e regole piuttosto ferree nello Stato thailandese, che sono volte alla difesa della manodopera locale e che possono mettere in difficoltà imprenditori abituati ad agire in proprio.